Mi chiamo Nano e sono nato a Presenzano, in Campania, tra il marzo e l’aprile del 2018. La mia prima infanzia da gatto (eh, sì. Sono un gatto!) non è stata troppo felice ma nemmeno tragica: eravamo tre cuccioli nati dalla stessa madre, una gatta bianca e grigia con gli occhi verdi, solo che quest’ultima era troppo giovane per allattare le mie sorelle e anche me! Dunque i primi mesi non mi nutriva: ci pensavano le signore proprietarie del fienile dove ero nato, ma il latte che mi davano non dava la stessa soddisfazione di quello di mia madre che, scoprii in seguito, era buonissimo. Avevo già qualche mese quando mia madre, divenuta abbastanza grande per poterlo fare, cominciò ad allattare anche me: più che la soddisfazione di bere un po’ di latte vero c’era quella di non essere più il piccoletto escluso! Però in quei mesi, a causa del mancato allattamento, ero rimasto minuscolo, per questo le due umane mi hanno chiamato Nano. Comprendo il significato di questo nome perché comprendo perfettamente l’italiano: cosa credevate, che questo testo fosse stato tradotto dal gattese? Scemenze! Noi gatti siamo pieni di sorprese. Tornando a me, trascorrevo la maggior parte della mia vita adagiato sul fieno o sulle travi appoggiate a terra nel fienile osservando le galline del pollaio lì vicino o le foglie di vite che si muovevano al ritmo del caldo vento meridionale.

Un altro mio passatempo era giocare con le mie sorelle nei vasi di fiori o rincorrerci sul muretto che separa l’enorme cortile della casa degli umani dalle piante di uva, o ancora giocare con uno dei tanti gatti che bazzicano nelle vicinanze. Tutto questo qualche volta sotto lo sguardo attento e a volte disapprovante di mia madre.

I giorni trascorrevano sereni, escludendo le volte in cui Charlie, lo stupido cane nero delle umane, spinto dalla gelosia nei miei confronti quando gli umani mi coccolavano, cercava di azzannarmi.

E un giorno arrivò lei: una BAMBINA. Credo si chiamasse Sara, ed era imparentata con gli umani che abitavano nella casa vicino al fienile. Ora, noi gatti odiamo i bambini perché ci tirano la coda e ci strapazzano manco fossimo dei pupazzi. Io poi, miniatura di gatto, apparivo molto carino e irresistibile per i malefici bimbi. Ero piccolo e indifeso, dunque fuggivo le attenzioni di Sara e mi nascondevo: qualsiasi posto andava bene. Però, come tutti i gatti, sono molto attratto dalle cose che si muovono: Sara prendeva una spiga e la muoveva davanti al mio nascondiglio e, conoscendo il mio punto debole, riusciva a farmi uscire e mi faceva giocare con la spiga. Una volta usò un sasso, un’altra volta ero su una balla di fieno e mi fece giocare con una cordicina che teneva insieme il fieno. Però mi infervorai e rimasi in piedi su due zampe e arrotolato nella corda. Mi sentivo un involtino. Non sapendo come trattarmi né come avrei reagito se avesse provato a liberarmi Sara andò a chiamare una delle due umane, che mi liberò. Durante quei giorni in cui ogni tanto veniva Sara lei mi tenne in braccio solo una volta e per pochi secondi. Durante quei pochi secondi lei e un’altra tizia esaminarono con cura QUANTE PULCI AVESSI ADDOSSO. Ma dai! Poi Sara mi lasciò andare, come se mi credesse troppo fragile per essere tenuto in braccio ancora. Poi regalarono una delle mie sorelle, e questo mi sconvolse a tal punto che quasi non badavo più a Sara!

Dopo qualche giorno quella bimba partì e non è più tornata. Dopodiché la mia vita è trascorsa del tutto normalmente, la solita routine, ogni tanto faccio un giretto in casa e mi appollaio tra i libri…le uniche novità sono che sono diventato zio (la mia sorellona avrà partorito almeno dieci gattini batuffolosi in due anni, chissà chi è il padre) gli umani hanno cominciato a girare con una museruola, colorata o bianca, e a stare un tantino più distanziati tra loro. Per adesso, questa è la mia vita.

Miao!

Questo testo era un tema che avevo scritto per una verifica di Antologia. Ringrazio alcuni dei miei compagni di classe che mi hanno consigliato di metterlo sul Giornale delle Ragazze e la mia professoressa che mi ha lasciato tenere il foglio di brutta. Ciao!

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