Il lavoro minorile è l’attività lavorativa svolta da bambini che li priva della loro infanzia e dei loro diritti. Il lavoro minorile si attua soprattutto in situazioni di estrema povertà (ad esempio, spesso i bambini vengono venduti come manodopera per risanare dei debiti) e spessissimo vengono adoperati per lavori considerati molto pericolosi. Il lavoro minorile non indica solo i casi in cui i bambini vengono sfruttati come manodopera ma anche i casi in cui i bambini vengono costretti a fare i soldati (spesso vengono rapiti per questo scopo) o a prostituirsi. I bambini sfruttati nel lavoro maggiormente hanno meno di quindici anni. Secondo un articolo di Scuole Senza Frontiere nel mondo ci sono tra i 100 e i 200 milioni (non ho messo una cifra precisa perché le fonti che ho trovato danno numeri molto diversi e non sapevo a chi dare retta) di bambini e ragazzi tra i 7 e i 17 anni che vengono sfruttati per lavori pesanti e che lavorano per far sopravvivere la famiglia. Circa il 48% è tra i 5 e gli 11 anni, il 28% tra i 12 e i 14, il 24% tra i 15 e i 17. Circa il 58% sono bambini, il 42% sono bambine. Le bambine sono di meno perché più che farle lavorare in molti paesi le si fanno sposare (sforando di parecchio dall’età minima per sposarsi). Ciò avviene in Asia, America Meridionale ma anche in Europa e in Italia. molti lavorano, insieme alle loro famiglie, nell’agricoltura; altri lavorano nelle miniere, nelle cave, nei laboratori di fiammiferi, di sigarette, di giocattoli e di fuochi d’artificio. Per lavorare nelle fabbriche i bambini vengono spesso costretti a rimanere lontano dalle loro famiglie per molto tempo. Questi lavori provocano malattie professionali e a volte incidenti che causano loro gravi difficoltà anche quando saranno adulti. Un esempio è a Jakarta, dove 6700 minorenni lavorano in una fabbrica di abbigliamento sportivo e scarpe della Nike che lavorano respirando le esalazioni delle vernici e con una temperatura di circa 40 gradi nei locali della fabbrica: tutto ciò provoca loro bruciori agli occhi e forti mal di testa. Oltre alla Nike molte altre aziende sfruttano i bambini: perfino la Chicco, che produce prodotti per l’infanzia (che tremenda ironia). Il più famoso esempio di ribellione al lavoro minorile è quello di Iqbal Masih, un bambino pakistano venduto dalla sua famiglia per 26 dollari e che si ribellava spesso ai suoi padroni e difendeva i suoi compagni. Scappò più volte, e grazie all’associazione BLLF si rese conto del tutto delle ingiustizie che subiva e divenne famoso. Per questo venne però ucciso a soli dodici anni. Duecentocinquantamila ragazzi al mondo vengono coinvolti in guerre come bambini soldato o portatori di armi e vettovaglie. I ragazzi che sopravvivono alle guerre o non ne rimangono mutilati devono però fare i conti con diverse malattie contratte in quegli ambienti. E qui, secondo me, si tratta ancora di più di infanzie rovinate. Nel libro di Antologia c’è un testo che riporta le testimonianze di alcuni bambini soldato, e sono veramente delle cose orrende. Una bambina ugandese racconta delle torture a un bambino che aveva cercato di fuggire, che poi è stata costretta a uccidere. Un ragazzo guatemalteco racconta del terrore che viveva stando nell’esercito, dove circolava violenza di ogni tipo e scarsità di cibo. Un ragazzo colombiano racconta di quando è stato costretto a uccidere un suo amico quando era tra i paramilitari. Se vogliamo buone notizie, sempre dall’articolo di Scuole Senza Frontiere ho scoperto che dal 2002 si è verificata, soprattutto nei Caraibi e in America Latina, una diminuzione del 26% dello sfruttamento minorile, ma i numeri sono ancora altissimi. Basti pensare che nell’Africa Subsahariana ci sono ancora 69 milioni di bambini che lavorano e 44 milioni in Asia.

Personalmente, ho iniziato a sapere del lavoro minorile quando, alle elementari, la mia insegnante di Italiano ci raccontava che in Greci, in un tempo che non ha specificato, (se non ricordo male era quello il posto, ma questa cosa ho scoperto poi che succedeva anche in altri paesi, specie nella Rivoluzione Industriale) c’erano delle miniere di argento e mandavano i bambini in stretti cunicoli perché solo loro potevano entrarci (parliamo di bambini sotto i dieci anni) a raccogliere l’argento. Non sempre avevano con sé una candela o cose simili per farsi luce, e spesso si perdevano o soffocavano e non tornavano più in superficie. Io ero sconvolta, e a pensarci ora immagino anche il terrore che deve essere stato per qualche ragazzino (perché in casi del genere sono sicura che sia successo) ritrovare dentro un cunicolo il cadavere di qualche bambino e penso all’angoscia nel sapere che avrebbe potuto capitare anche al suddetto ragazzino. Penso che far lavorare i bambini così pesantemente, senza fargli godere la loro infanzia appieno o totalmente, o costringerli a subire gli orrori della guerra, magari costringendoli a uccidere i loro familiari o ad assistere impotenti alla morte degli amici, sia una cosa bestiale e da persone assolutamente incivili che non hanno la più vaga idea di cosa significhi tutto ciò e che è sbagliato. Spero che l’Unicef e tutte le associazioni che si occupano dei diritti dei bambini riescano a fermare questo tutto questo, perché è un abominio e sembra quasi che di evoluto non abbiamo proprio niente.


In questa immagine del 1909, in una manifestazione di operai probabilmente a New York, due bambine mostrano scritte che dicono, rispettivamente in yiddish e in inglese, “Abolite la schiavitù dei bambini!”.

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